M O R T I
( I 32 soldati uccisi a via Rasella)
Ieri è morto a 90 anni Rosario Bentivegna, il partigiano dei Gap che prese parte all'azione di via Rasella il 23 Marzo 1944. Ma Bentivenga fu un eroe ?
Il 23 marzo 1944 alle ore 15 circa, nell'interno della città aperta di Roma, in pieno centro storico, in via Rasella, all'altezza di palazzo Tittoni, mentre passava un reparto di 156 uomini della 11a Compagnia del Reggimento "Bozen", comandato dal maggiore Helmut Dobbrick scoppiava una bomba a miccia ad alto potenziale collocata in un carrettino per la spazzatura urbana, confezionata con 18 chilogrammi di esplosivo frammisto a spezzoni di ferro. L’ esplosione causò la morte di trentadue militari tedeschi e di due civili italiani di cui un bambino di dieci anni. Prese parte all’azione Rosario Bentivegna che, travestito da spazzino, trasportò la bomba con la carretta ed altri tra cui la moglie Carla Capponi. Questo gruppo GAP dipendeva da Giorgio Amendola, Riccardo Bauer e Sandro Pertini (i due ultimi dichiararono di non essere stati preventivamente informati e che l'ordine venne dato da Amendola). Il Comando tedesco ordinò, per rappresaglia che per ogni tedesco ammazzato dieci comunisti-badogliani saranno fucilati. E cos’ fu.
Processo Kappler. Tribunale Militare di Roma, 20 luglio 1948. Momento drammatico di alta tensione in aula quando, nel corso dell'udienza, esce dal pubblico una voce straziante di donna che investe violentemente Rosario Bentivegna presente in aula in qualità di testimone: "Assassino, codardo! Ho la mia creatura alle Fosse Ardeatine, perché non ti sei presentato, vigliacco?". È un’invettiva che esce dal cuore lacerato di una madre. Scottante, crudele. Essa pone il problema morale della guerriglia e solleva un dubbio atroce: si poteva evitare la rappresaglia dei tedeschi? In altre parole, se i responsabili materiali dell'attentato si fossero presentati, il Comando tedesco avrebbe ugualmente deciso la rappresaglia?
Il presidente del Tribunale, gen. Euclide Fantoni, pone la domanda a uno dei protagonisti presenti, Rosario Bentivegna, appunto. Il teste risponde che la presentazione degli attentatori non fu esplicitamente richiesta dai tedeschi. “Se ci fosse stata - afferma - mi sarei presentato". E aggiunge: "la colonna tedesca costituiva un obiettivo militare. Facevano rastrellamenti e operavano arresti. Erano soldati. Ho avuto l'ordine di attaccarli e li ho attaccati". ( Invece, poi si saprà che il reparto di 156 militari preso di mira dai "gappisti" romani non era di truppe combattenti, ma era formato da riservisti altoatesini che non operavano rastrellamenti e arresti ma erano destinati a compiti di ordine pubblico, compatibili con le norme che regolavano il funzionamento della città aperta di Roma). "No, - ribatte Kappler - l’eccidio avrebbe potuto essere evitato se si fosse presentato l'attentatore o se fosse venuta un'offerta della popolazione. D’altra parte, da mesi erano affissi manifesti per gli attentati con l'indicazione della rappresaglia da uno a dieci". "No, - dice l'accusa - i manifesti di cui parla l'imputato Kappler erano stati affissi due mesi prima e lasciati esposti per soli due giorni". Ma Domenico Anzaldi di Roma, testimoniò tempo dopo che la sera dell'attentato di via Rasella è stato affisso sui muri di Roma, e io l'ho letto, un manifesto preannunciante che il Comando tedesco avrebbe fatto uccidere dieci «comunisti badogliani» per ogni militare tedesco morto" .
Ma due avvenimenti tragicamente analoghi a quello di via Rasella, al contrario di quello sublimati dall'olocausto di quattro innocenti, mettono in una luce che se Bentivenga si fosse consegnato non vi sarebbe stata la rappresaglia. Quello di Palidoro, in provincia di Roma, avvenuto nel settembre 1943 eroe Salvo d'Acquisto ed Fiesole tre carabinieri della locale stazione - Vittorio Marandola, Alberto La Rocca e Fulvio Sbarretti - per salvare le vite di dieci innocenti ostaggi si presentarono ai nazisti che li fucilarono immediatamente contro un muro dell'albergo Aurora; medaglie d'oro al valor militare. Secondo il diritto internazionale (art. I della Convenzione dell'Aia del 1907), l’attentato di via Rasella fu un fatto illegittimo. Chi invece considerò l'imboscata di via Rasella "un'azione legittima di guerra" fu la Magistratura ordinaria, che con sentenza della Corte di Cassazione dell' 11 maggio 1957 non accolse le richieste di risarcimento avanzate dai parenti delle vittime, già respinte dal Tribunale e dalla Corte d'Appello civili di Roma, e sentenziò definitivamente che ogni attacco contro i tedeschi costituiva un “atto di guerra".
(Tratto da L'IMBOSCATA DI VIA RASELLA Ma questa era guerra? di Ivaldo Giaquinto).
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